sabato 14 maggio 2011

I NUOVI PARTIGIANI CONTRO L'EXPO!

In tutte le edicole, tra le pagine della rivista FRIGIDAIRE
TORNA LA PRIMA ORGANIZZAZIONE TERRORISTICA PER LA III ETA'
I NUOVI PARTIGIANI CONTRO L'EXPO!
Una torbida speculazione edilizia di Hurricane Ivan!
Nonchè la mia personale presa di posizione in occasione delle elezioni comunali di Milano (15 e 16 maggio 2011).
Cazzo, io non potrò votare (ho la residenza in periferia) ma chi può farlo, per favore, lo faccia.

Altro che città internazionale. In questi ultimi anni Milano è diventata esattamente come il sindaco che la governa: una vecchia casalinga in menopausa.
Non lasciate che questa città sia ancora in mano ai palazzinari, ai petrolieri e agli zombies!
Fate qualcosa di utile. Diffidate della mamma di Batman!

Qui di seguito qualche articolo utile


E soprattutto questo di Massimo Fini, che condivido appieno, e che riporto integralmente:

Su iniziativa del “Corriere della Sera” una cinquantina di personaggi milanesi si sono fatti promotori di un “Manifesto per Milano”, fallacianamente ribattezzato “il coraggio e l’orgoglio”, per rivitalizzare la città. Mission Impossible. Perché non si può ridar vita a un cadavere. Solo Cristo c’è riuscito. Milano era una città interclassista. Quartieri molto centrali come il Garibaldi e Brera erano quartieri popolari dove Pirelli abitava accanto al suo operaio, naturalmente in una casa di Caccia Dominioni il primo, in una di ringhiera l’altro. Questo cortocircuito fra ceti diversi fecondava la città, la rendeva viva, umanamente e culturalmente.
Milano ha cominciato a morire negli anni del dopo boom quando i ceti popolari sono stati cacciati dalla città e relegati nel mostruoso hinterland, che in direzione nord si estende fin quasi ai laghi, dove i paesi son solo dei nomi ma non hanno una piazza, un luogo di ritrovo e a volte nemmeno una chiesa. La gente dell’hinterland invade la città la mattina e si chiude negli uffici, la sera ritorna a dormire nell’enorme ghetto. E di sera Milano, a parte alcuni luoghi deputati e sempre più falsi, è deserta. La città, a differenza di Roma, non è vissuta dai suoi abitanti.
Il motivo è semplice. La gente del popolo aveva l’abitudine, la sera, di scendere al bar a fare quattro chiacchiere, a giocare a scopone, al biliardo, a boccette e, nel retrobottega, a poker. I ricchi e i benestanti rimasti in città questo non lo fanno. La sera si rinchiudono nelle loro belle case, che sempre più somigliano a fortini, a guardare la televisione e nel weekend vanno a Gstaad, a St. Moritz, a Cortina. I più avvertiti e quelli che se lo possono permettere, avendo capito l’antifona, conservano a Milano la casa di rappresentanza, ma vivono sulle colline del Piemonte ligure, 45 minuti da Milano in autostrada.

Girare a Milano di sera è desolante, sembra di stare in un quadro metafisico di De Chirico, dopo le undici ci saranno sì e no tre tabaccai aperti. Dopo le 2 i ristoranti chiudono per legge, ne rimangono aperti solo un paio clandestinamente, uno, non a caso, attaccato a San Vittore. Ma non è che di giorno vada meglio. A Milano, città commerciale oltre che industriale, c’erano una miriade di botteghe artigiane, mercerie, drogherie, falegnamerie, ferramenta che a poco a poco sono state sostituite da banche, da uffici, da asettici negozi high tech, da megastore di Armani. Se uno ha bisogno di un martello non può scendere in strada e trovarlo nel suo quartiere, deve cercarlo su Internet. A Milano i quartieri non esistono più, a parte alcuni, come viale Padova, un tempo vivaci e allegri e oggi occupati dalla violenza dell’immigrazione.
Un tempo le case editrici stavano in centro e Milano era una città di caffè dove gli intellettuali, gli artisti, i giornalisti si incontravano e venivano in contatto col resto della cittadinanza. Oggi la Rizzoli sta a Crescenzago, la Mondadori a Segrate, la Bompiani nell’ultra periferica via Mecenate. I pochi intellettuali si sono trasformati in funzionari di casa editrice e la sera tornano a casa, a guardare la tv. A Milano c’era una borghesia colta, dei Pirelli, dei Crespi, dei Mondadori, dei Rizzoli, che dava il tono alla città. Questa borghesia non esiste più, sostituita da un ceto medio ricco ma indifferenziato che riproduce solo la propria volgarità e assenza di cultura che non sia la subcultura televisiva e del gossip.
Una mia amica di Verona dice spiritosamente: «Ma quando lavorano i milanesi, che son sempre in macchina?». Purtroppo lavorano e stanno in macchina, senza avere mai un po’ di tempo per se stessi. Milano è diventata il prototipo italiano dell’Ipermodernità, un frenetico “fare per il fare” privo di senso, di freschezza, di allegria, di divertimento che non sia drogato e nevrotico. Una città invivibile da cui chi può fugge.

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